mercoledì, settembre 08, 2010

"Amore di alimento": stile di vita italiano?


.. ti inviterei al Festival della Letteratura, alla ricerca di un autografo d'autore. Poi insieme pianificheremmo una fuga romantica d'autunno, a Parigi o Lisbona. Ti farei sbalordire.. 

Beh insomma succede che dieci giorni fa tornavo da Mosca, areoporto Domodedovo.
Che poi nel frattempo sono tornato, poi andato al lavoro e a gozzovigliare alcuni giorni, poi volato in Germania, trasferito su strade amene in Polonia, gozzovigliato alla morte, tornato. Ma questa è la prossima storia.
Beh insomma sono venuti a prelevarmi all'hotel alle 7 a.m., tenete presente che avevo l'aereo alle 13. Sai c'è un traffico terrificante, mi hanno detto, poi i controlli ai passaporti etc etc.
Se solo parti alle 8 am. rischi di non farcela, credimi! Questo il solito refrain. Beh insomma alle 9 a.m. ero già oltre i controlli, con 4 belle ore di cazzeggio puro davanti a me.
Zero voglia di leggere, di lavorare, di starmene seduto in un angolo. Grande voglia di osservare la gente, come sempre.
Allora comincio a gironzolare, osservo i vari negozi, le persone che passeggia, quelli che ingannano il tempo in attesa davanti ai counter, quelli che vanno di fretta.
Allora, Mosca sta letteralmente galoppando, intendo dire che l'economia è un treno in corsa e, più o meno come ho osservato mesi fa in Brasile, in questo momento tutte le classi sociali riescono a goderne i vantaggi. Giusto per fare un esempio, l'interprete-standista in fiera ci diceva che ormai lei compra abbigliamento solo in Italia, dato che per loro risulta molto conveniente. Un volo low cost prenotato in anticipo, alcune decine di migliaia di rubli in borsetta e via, una fuga a Milano risulta assai più economica dello shopping del sabato ai magazzini Gum, che certo un tempo erano il luogo dove si distribuiva pane e farina in quantità uguale per tutti, mentre oggi è uno dei mall più esclusivi del mondo.
Però questo influsso modernizzatore non ha ancora toccato gli aeroporti, e Domodedovo non fa eccezione: ambienti spartani, poche e scomode sedie e panchine, zero musica e lounge fighe. Prendi l'aereo e levati dalle palle! Ecco il senso di ciò che emana quel luogo.

Camminando, arrivo al food court, un'area affollata di bar e un paio di ristoranti, e subito mi cade l'attenzione su quanto apparentemente italiano sembri in quel luogo. Il bar principale è Sbarro, che pur essendo credo una catena di origine statunitense, scimmiotta nei colori e in tutto il resto il cibo italiano.
Giro lo sguardo in alto e quasi casco all'indietro dalle risate!

C'è un cartello enorme, giusto sopra la testa della cameriera, che accanto all'immagine in bianco e nero di una giovane intenta a ricevere un bacio, very Made in Italy, recita testualmente "Amore di alimento".
Io, invece, mi innamoro di quel cartello.
Chissà cosa volevano dirci gli ideatori, cioè se davvero sapevano che stavano inventando in quel momento un neologismo che non significa nulla e mira solo a richiamare l'Italia citando a caso due termini chiave, oppure c'è sotto l'errore del traduttore. Mah!

Sotto, teglie e casseruole colme di cibi informi, dagli stufati di verdure alle salse improbabili, ad ogni modo nulla di paragonabile con quanto si trova la mattina dietro le vetrine dei bar che frequentiamo di solito.

Così, ripensavo allo stile di vita italiano a cui faceva riferimento Irene Tinagli nel suo articolo sulla Stampa che avevo già linkato, della necessità di elevare il valore culturale delle nostre eccellenze, tra cui ovviamente dobbiamo inserire la cucina. Dice la giovane economista fuggita a Madrid "è la cultura e la vita di un popola a marcarne lo stile e a proiettarne l'immagine nel mondo. Ma noi non ci abbiamo mai pensato, non ci siamo mai davvero interrogati su cosa caratterizzasse il nostro stile di vita rendendolo affascinante e attrattivo per milioni di cittadini in tutto il mondo".
E dunque, perché ora chiunque ci scimmiotta e, nel farlo, ci offende culturalmente e ci svilisce economicamente?
Questo esempio a me è sembrato clamoroso, ma pensa all'idea forza che sta dietro a Starbucks: acquistare e oziare al bar, emblema stesso del nostro stile di vita ideale, clonato e messo in scala come business planetario. Oppure Caffè Nero a Londra, ma l'elenco potrebbe essere infinito.

Come mai a Domodevo c'è un bar che imita lo stile di vita culinario italiano e non quello, che so, della Francia con Pain au chocolate e Croissant ridicoli, Foie Gras tiepido e Brie al sapor di burro? Mah.

Però penso che valga la pena domandarselo, poiché come ormai si legge e si ascolta ovunque tra i guru dell'economia e non solo, il nostro futuro passa da questo tipo di offerte, quelle soft, in grado di trasferire messaggi legati a sensazioni e stili di vita. Se non lo sapranno trasformare in business le nostre imprese in modo corretto, saranno altre a farlo e ovviamente male, visto che non hanno né storia né cultura per farlo al meglio.

Un chicco di questa filosofia me l'ha offerta, sempre a Domodedovo, il bar a fianco: "Espressamente" by Illy. Certo il caffè mi è stato servito nel cartoncino, e la spremuta faceva pena, però si denotava l'impegno e il quadro d'insieme non era così male (vedi foto). Che dite?

Un grande esempio di filosofia del cibo italiano di qualità da esportazione è invece costituito da Eataly, la genialata di Farinetti che dopo Torino e Bologna ora lancia la sfida internazionale con l'apertura di questi luoghi dell'eccellenza culinaria italiana nel mondo. Tra loro, enorme la sfida lanciata con l'inaugurazione di New York, di cui parla Bonilli nel suo Papero Giallo. Certo le discussioni non mancano, così come le posizioni radicali che spesso non coniugano il business quindi sono destinate a soccombere, ma certo occorre sottolineare l'enormità dell'operazione anche come grande spot culturale per il nostro paese, comunicato attraverso una delle nostri grandi bandiere che il mondo ci invidia, il cibo.
Non a caso, il genio ideatore Farinetti s'è mosso per avere i due sindaci, Bloomberg e Chiamparino, all'inaugurazione dello spazio tra Broadway e 5th Avenue.

Ecco gli esempi di cui parlare, da cui prendere spunto. La nostra storia e il nostro innato fascino vanno protetti, se vogliamo che siano ancora il volano del nostro benessere prossimo venturo. In caso contrario, lasceremo spazio ai barbari finché anche noi non lo saremo diventati, e purtroppo la china intrapresa sembra quella.

Ma nel frattempo, cacchio, sono reduce da un matrimonio in Polonia! Perla del weekend, uno degli invitati confessandosi con me dopo il novantesimo "piombo" di Vodka Wiborowa al grido di "Nosdrovje!": "... siamo italiani,,, siamo puttanieri.. eeehh.. così è caro mio! Io finché riesco non pago, poi alla fine ... pagherò pur'io.. c'aggiafà!"
Ineffabile. !

1 commento:

Ghedo ha detto...

Chapeau!!....soprattutto pe ril cameo finale...