Come dicono a Napoli, "nu second je chiù bell angor!".
Per esperienza diretta posso dire che, almeno nei progetti di lavoro, questo è vero.
Al posto o accanto alla schizzofrenia, si cerca infatti di infilarci anche una piccola parte di esperienza che finisce col far vivere le varie "seconde volte" in modo parzialmente diverso, certamente più pieno, anche se la strada in questo senso è ancora lunga.
I trajes utilizzati sono addirittura cresciuti rispetto a due anni fa, nei giorni di gestazione del mio "second baby" (unica espressione felice di un consulente altrimenti da prendere e lapidare), ma il sudore è rimasto stavolta a livelli di guardia. Tanto altro è poi successo.
Quella sensazione dolcemente inconsapevole - ma rasserenante ed eccitante al tempo stesso - che pervade, quando un progetto - composto da tanti sottoprogetti ad incastro - prende finalmente vita.
Questo posso dire è accaduto, e prorpio per questo pesto la mia terra giorno dopo giorno, non certamente per timbrare un cartellino, sennò me ne sarei già andato ad offrire le mie opere al settore primario dell'economia da un bel pezzo.
Quindi cosa dovrei fare se non, per una volta, ringraziare me stesso (cosa molto di moda in quelle giornate campali!) nella mia folle perseveranza nell'inseguire, anni orsono, il mio sogno tangibile di un lavoro fatto di organizzazione e confusione, meetings in uffici gelidi e insolazioni sotto il sole camminando da un'area all'altra, tre telefoni che squillano in contemporanea e l'assoluta precisione nel controllare le ciano di stampa; caffè e pasticcini a tutte le ore e l'impossibilità per 3 settimane di avere un pranzo normale; compagni di lavoro smart virtuosi e amici e l'incapacità solo di conversare con loro; strapagati consulenti stronzi e perfetti signori nessuno che sistemano tutto con un sorriso; situazioni di estrema visibilità e opportunità anche a livello personale e il post-brindisi passato disperati a cercare un pezzo di gomma; pranzi fianco a fianco di ambasciatori e sigarette velocemente fumate con un gruppo di sorridenti marocchini.
E' il mio lavoro. Dire che lo amo è una parola grossa, diciamo che gli voglio bene. L'ho sposato tempo addietro, ci ho pure fatto due babies. Il futuro dirà che il suo fascino saprà essere superiore al logorio della vita moderna e all'allure naturale di qualcosa che si affaccia, nuovo ed inaspettato.
Nel frattempo mi godo questo, che è tanta roba. Tra l'altro maggio si conferma il mese per eccellenza delle sorprese e delle rese dei conti nella battaglia dei sessi, o almeno nel guazzabuglio del sesso.. riguardo il quale approfondirò presto. Dì certo, in questo caso, è meglio salire su un nuovo piuttosto che fare la manutenzione su un usato...
bye!
Chi sono loro, chi siamo noi
1 giorno fa